Notizie Radicali
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  giovedì 23 giugno 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
A proposito di Live 8, libertà è sviluppo

di Francesco Pullia

C’è gran fermento attorno a Live 8, il megaconcerto organizzato da Bob Geldof, l’ex leader dei Boomtown Rats, che coinvolgerà contemporaneamente otto città sparse in vari angoli del pianeta (Roma, Londra, Philadelphia, Parigi, Berlino, Tokyo, Toronto e Johannesburg), con lo scopo di esercitare una pressione sui governi degli stati che si riuniranno il prossimo 6 luglio a Gleneagles, in Scozia, per ottenere la remissione del debito accumulato dai paesi africani. Nonostante le intenzioni possano risultare apprezzabili, non condividiamo affatto, come più volte abbiamo sottolineato, l’impostazione generale che sta dietro iniziative del genere.

Alla base c’è, infatti, la mistificatoria concezione che vorrebbe da un lato nazioni ricche e pervicacemente affamatrici, cui si richiederebbe un atto unidirezionale di magnanimità, e dall’altro popolazioni tenute, in seguito all’economia vampiresca delle prime, in aberranti condizioni di miseria e degrado.

Le cose non stanno affatto così e la sinistra farebbe bene ad aprire gli occhi senza farsi troppo irretire da posizioni terzomondiste, certamente (ap)paganti sotto vari aspetti, soprattutto sotto il versante pubblicitario, ma, nei fatti, gravemente deleterie per gli abitanti di quelle parti del mondo che giustamente anelano al proprio riscatto. Ostinarsi caparbiamente nella richiesta della remissione del debito, senza la pretesa di alcuna contropartita in termini di legalità e democrazia, significa aggravare la situazione, di per sé drammatica se non disperata, dei paesi più svantaggiati perché equivale a legittimare le oligarchie dispotiche, liberticide, sanguinarie che in quelle zone governano a scapito di una moltitudine sempre più priva di salvezza.

Non più tardi di una settimana fa, la stampa riportava i risultati di uno studio condotto dall’economista svedese Fredrick Erixon che confermano perfettamente quanto da lungo tempo andiamo sostenendo. A quali conclusioni è, dunque, pervenuto Erixon? Presto detto: nonostante all’Africa sia stati destinati oltre quattrocento miliardi di dollari, le condizioni in quel continente continuano ad essere pessime, anzi si sono aggravate, tranne per chi governa che, grazie agli ingenti sostegni economici, si è rafforzato infischiandosene del diritto e dei diritti più elementari.

Non sappiamo se la defezione di Vasco Rossi dal concerto romano del 2 luglio sia stata motivata da questa consapevolezza. Nel caso sia così, il Blasco nazionale merita un particolare encomio.

Uno sguardo alle tabelle dimostra in modo inconfutabile che man mano che gli aiuti sono aumentati, con il passaggio dal 5%, nel 1970, al 18%, di dieci anni fa, il Pil pro-capite di ogni cittadino africano è diminuito del 17%. Se gli aiuti annuali aumentassero ulteriormente di venticinque miliardi di dollari, si avrebbero addirittura conseguenze devastanti.

Non si tratta, pertanto, di azzerare indiscriminatamente l’ingente debito contratto perché non è questa la via che porta allo sradicamento della povertà. Anche su questo Erixon è estremamente chiaro.

I paesi africani non sono poveri perché mancanti di strade, scuole, ospedali ma perché non hanno le istituzioni di una società libera, mancano cioè delle condizioni per lo sviluppo economico. Nulla di nuovo, quindi, rispetto anche alle analisi di Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, che da sempre sottolinea il nesso tra democrazia e sviluppo.

Si possono promuovere, dunque, tutte le manifestazioni che si vogliono e magari indire marce per la pace all’insegna di slogan di facile presa demagogica come “pane, acqua, lavoro per tutti”, la realtà non cambia.

A condannare alla morte milioni di persone è l’assenza di diritto e di diritti. Senza libertà non c’è salvezza. Gli aiuti dati a pioggia da un lato spostano l’attenzione dal problema fondamentale della creazione di istituzioni funzionanti sul posto e dall’altro finiscono, come detto, per incrementare le risorse di classi governative oppressive e prive di scrupoli.

E non basta. I “caritatevoli” sostenitori della remissione del debito dovrebbero soprattutto prendersela con la Pac, la Politica agricola comunitaria, e con i no global alla José Bovè per via del vergognoso protezionismo che, nei fatti, produce impedimenti nei confronti delle esportazioni dei paesi africani e, in generale, in via di sviluppo.  A causa dei sussidi della Pac, cioè delle vere e proprie tangenti legalizzate date alle fortissime corporazioni degli agricoltori e degli allevatori, l’Unione europea produce un quantitativo agricolo notevolmente eccedente i consumi comunitari, riversandolo sui mercati internazionali con dannosissime ripercussioni nei paesi svantaggiati.  Lo stesso avviene per la carne. Ogni giorno per ogni capo bovino l’Unione europea versa 2,20 dollari, più dei due dollari con i quali è condannata a vivere metà della popolazione mondiale. E, allora, non sarebbe meglio che il signor Geldof e i cantanti che per ovvi motivi gli vanno dietro prendessero una pausa di riflessione?

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